Mal d'Egitto

Infibulazione

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Roohe
view post Posted on 24/4/2008, 16:27




EGITTO / APPROVATA LEGGE: DIVIETO INFIBULAZIONE E BOTTE A FIGLI. MA GLI ISLAMICI PROTESTANO


Leader Jaama'a Islamica: "sono concetti imposti dagli occidentali"


Roma, 24 apr. (Apcom) - "Criminalizzare la circoncisione delle femmine e vietare ai genitori di picchiare i loro figli sono questioni importate dall'America e dall'Europa per smembrare le nostre famiglie, cosa già avvenuta in quei paesi". E' questo il categorico giudizio del leader della 'Jama'a Islamica egiziana Osama Hafez contro una legge sulla protezione dell'infazia approvata ieri dal parlamento del Cairo come riferisce stamane il quotidiano panarabo al Sharq al Awsat.

La legge votata ieri in tarda nottata "con larghissima maggioranza" dai deputati del Consiglio dello Shura (la seconda camera del parlamento egiziano), rappresenta in realtà un'importante riforma nel campo dei diritti dei minori nel grande paese arabo. La nuova legge : vieta il matrimonio "per ragazze di età inferiore ai 18 anni"; punisce con il carcere "il reato dell'infibulazione"; riconosce il diritto della ragazze madri a "registrare all'anagrafe il figlio illegittimo con il cognome della madre"; e infine istituisce un numero verde per le denunce di atti di violenza contro i minori. Per questa ultima novità, la riforma prevede l'istituzione di commissioni regionali di "difesa del bambino" che potrà convocare il minore, i suoi genitori oppure il suo tutore" e "prendere provvedimenti legali", che includono sanzioni pecuniarie fino al carcere.

Al Jaama'a al Islamiyah (Gruppo islamico), un'organizzazione fondamentalista riabilitata dalle autorità egiziane alla fine degli anni novanta per avere ripudiato il ricorso alla violenza, insorge contro questa riforma. In un comunicato diffuso dal sito web della Jaama'a , chiedono ai parlamentari di "cercare di risolvere i veri problemi dei nostri bambini che sono il vagabondaggio, la fuga dalle scuole e la miseria, che il resto sono problemi degli occidentali" che "non hanno nulla a che fare con la nostra Shariya islamica"..

24/04/08

Alice notizie
 
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falak
view post Posted on 9/6/2008, 19:30




Approfondimento:

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In Egitto nuova legge mette al bando l'infibulazione

Il parlamento egiziano ha approvato nuove leggi che proibiscono le mutilazioni femminili e fissano a 18 anni l'età minima di maschi e femmine per potersi sposare. Le nuove norme approvate sabato prevedono dai tre mesi ai 2 anni di carcere o una multa di 190-940 dollari per chi esegue l'infibulazione, pratica rituale che di fatto elimina per le donne la possibilità di provare piacere nell'atto sessuale con la totale o parziale asportazione della clitoride e delle grandi labbra. La norma sul divieto delle mutilazioni femminili, inserita nel testo che riguarda i diritti del bambino, è stata fortemente osteggiata dal movimento dei Fratelli Musulmani.
In base alla nuova normativa - che rientra in una legge sui diritti dell'infanzia ed è in vigore da lunedì- praticare l'escissione parziale o totale degli organi genitali esterni femminili è punibile con una pena da tre mesi a due anni di reclusione o una multa compresa fra 1.000 e 5.000 lire egiziane, cioè una cifra compresa tra i 118 e i 590 euro.

La nuova legge - che pure è un successo del movimento abolizionista per i diritti delle donne - precisa però che l'escissione può essere praticata in caso di «necessità medica», aprendo così la via ad interpretazioni che rischiano di ridurne di molto la portata. I difensori dell'escissione, una pratica che non ha alcuna base nei testi religiosi musulmani e cristiani, sostengono che essa è legittima quando gli organi femminili sono «troppo sporgenti» e che comunque è necessaria per preservare la virtù delle donne.

In Egitto il 96% delle donne, musulmane o cristiane, subiscono mutilazioni sessuali, secondo uno studio condotto dall'ufficio governativo demografico nel 2005 su donne fra i 15 e i 49 anni. L'anno scorso, in seguito alla morte di una bambina di undici anni per le complicanze di un'operazione di escissione nel governatorato di Minya nell'Alto Egitto, il ministero della salute egiziano aveva emanato un decreto che dichiarava illegale l'escissione genitale femminile in tutti gli ospedali e le cliniche private del Paese.

Novità rilevante anche per l'introduzione di una norma che permette alle madri nubili di registrare i figli all'anagrafe. Le nuove disposizioni sono state fortemente osteggiate dal movimento dei Fratelli Musulmani, maggiore forza di opposizione politica del paese arabo, che le accusano di «minare i fondamenti della famiglia egiziana». In precedenza, le giovani egiziane potevano contrarre matrimonio legalmente al compimento del sedicesimo anno di età, mentre i figli delle donne nubili erano destinati a non esistere per lo stato egiziano.

«I bambini non possono essere ritenuti colpevoli degli errori dei loro genitori» ha commentato il direttore del quotidiano governativo al Akbar «e senza un certificate di nascita il minore non può neanche frequentare la scuola». Di parere contrario Mohamed el Beltagy , parlamentare indipendente della Fratellanza musulmana, per cui le nuove norme «sono state imposte dall'esterno e contraddicono la nostra cultura, tradizione e religione».

09-06-2008

L'Unità
 
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hayaty
view post Posted on 10/7/2008, 01:17




Egitto: approvata la legge contro l’infibulazione, ma la pratica non scompare
di Silvia Dogliani

Mercoledì 9 Luglio 2008


Dal Cairo.
"Mia madre mi ha preso per mano, accompagnandomi nella nuova camera dove il mio giovane sposo mi attendeva impaziente. Si sono scambiati uno sguardo complice e mi hanno fatto sedere sul grande letto”. Inizia così il racconto di Rania, ricordando il suo primo giorno di nozze nel piccolo villaggio a nord del Cairo. Il suo sguardo è assente e la voce bassa, come se avesse paura di farsi sentire. “Mia madre ha avvolto il dito medio di mio marito con una garza bianca. Lei sapeva già quello che mi sarebbe accaduto. Io tremavo di paura. Poi, sempre lei, mi ha allargato le gambe, preparando la strada per il dito dell’uomo che mi avrebbe penetrato”.

Fuori legge. La madre di Rania esce di scena, lasciando soli i giovani sposi, avvolti nella penombra del loro nuovo rifugio. Ha consegnato sua figlia e adesso non le resta che mostrare al villaggio la garza macchiata di sangue. Le urla delle donne esplodono all’improvviso e la festa ha inizio. Forse non ci capiterà più di ascoltare i ricordi sconvolgenti di queste donne davanti ad una tazza di tè alla menta. Perché di fatto questi fatti, “legalmente”, non potranno più esistere. Il 7 giugno scorso il Parlamento egiziano ha approvato la nuova legge contro l’infibulazione, una lunga battaglia che ha visto i Fratelli Musulmani osteggiare il governo. Con infibulazione, o “Mgf” (mutilazione genitale femminile), s’intendono le mutilazioni dei genitali femminili praticate in molti Paesi in forme più o meno estreme: dalla cliteridectomia parziale o totale (un semplice taglio della punta del clitoride o l’asportazione del clitoride con taglio totale o parziale delle labbra) fino, a volte, all’infibulazione propriamente detta: la cucitura della vulva, con l’apertura di un foro per permettere la fuoriuscita dell’urina e del sangue mestruale. La donna diventa quindi un oggetto sessuale incapace di provare piacere, ha difficoltà a partorire e può contrarre infezioni. La sua verginità è garantita. Viene consegnata solo al futuro sposo, che se n’assicura durante la prima notte di nozze.

Nel 2005 il più grande quotidiano in lingua araba, l’egiziano Al-Ahram, dedica un dossier fortemente critico nei confronti della mutilazione genitale e dimostra l’infondatezza di tale pratica in base alle fonti islamiche classiche (il Corano e i detti del Profeta). Lo scorso anno la morte di una giovane donna, alla quale era stata praticata la Mgf per soli 8 euro, ha spinto il Ministero della Salute egiziano ad emanare un decreto che dichiarava illegali le mutilazioni genitali in tutti gli ospedali e nelle cliniche private del Paese. Dopo un ennesimo incidente avvenuto qualche settimana fa, in cui ha perso la vita un’altra adolescente, il Parlamento è stato costretto a studiare una linea più dura. In base alla nuova legge, l’escissione è punibile oggi con una pena da 3 mesi a 2 anni di reclusione o con una multa compresa fra mille e 5 mila Lire egiziane (118-590 euro). Da un lato la legge vieta e sanziona chi la infrange, dall’altro però prevede un cavillo, un’eccezione: la Mgf può essere applicata in caso di “necessità medica”. Un passo in avanti e uno indietro.

La testimonianza della ginecologa egiziana. Dice a Panorama.it Emma Bonino, da tempo impegnata nella battaglia contro la circoncisione femminile insieme alla diplomatica egiziana Moushira Khattab: “Francamente non mi preoccupa tanto il ‘cavillo’ quanto piuttosto che le leggi in Egitto, come spesso accade anche da noi, rimangano un po’ lettera morta”. Bonino si augura che la nuova legge venga difesa ed applicata, che anche le Ong continuino la campagna come “stiamo facendo noi un po’ in solitudine ” sottolinea “con NPWJ in Liberia, Eritrea, Djibouti”. Poi aggiunge “L’esempio egiziano ci aiuta!”
Casi di mutilazioni genitali arrivano anche in Italia con gli emigrati. Ce ne parla Mona Mansour, ginecologa egiziana che lavora all’ospedale S.Paolo di Milano. “La donna araba è cresciuta pensando che la sessualità fosse un territorio inavvicinabile” ci spiega. “È più un dovere che un piacere”. La dottoressa ci confessa di aver avuto delle richieste da quando lavora qui in Italia. “A chiedermelo sono generalmente le mamme, che hanno figlie e che non possono tornare in Egitto”. Ma lei si è sempre rifiutata. “La vedo come un’abitudine faraonica, dei tempi passati, quando si tentava di eliminare il senso di piacere alla donna per fare in modo che si concentrasse solo sui lavori pesantissimi di allora”. Poi conclude: “La donna è stata creata da Dio con il suo corpo, il suo clitoride e la sua vulva. La sessualità è una cosa che ci appartiene. Perché dovremmo eliminarla?”


Panorama
 
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ARNAP
view post Posted on 21/3/2010, 19:12




Questo servizio sull' Infibulazione in Egitto delle Iene su Italia 1 è andato in onda il 3 marzo 2010, vi consiglio di guardarlo collegandovi al link che ho indicato:

Mediaset - Le Iene - servizio Infibulazione

Purtroppo, al momento, non ho trovato il video su YouTube.
 
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O t t a
view post Posted on 20/8/2010, 17:00




Mutilazioni genitali, muore bimba in Egitto

Venerdì, 20 agosto 2010

IL CAIRO - Drammatico esito in Egitto della pratica dell'escissione (mutilazione genitale femminile) compiuta da una dottoressa: la bambina che l'ha subita ne è morta e la dottoressa è stata arrestata. Lo scrive un quotidiano indipendente "Ash-Shourouk", secondo il quale la polizia è stata informata della morte della bambina, sepolta in fretta e furia per celare il crimine con una chiamata anonima ad una linea telefonica dedicata, creata dal governo egiziano per denunciare casi di mutilazioni femminili.

La dottoressa, originaria del governatorato di Menoufiya, è stata denunciata ed arrestata. L'escissione, ablazione parziale o totale della parte esterna degli organi genitali femminili, nonostante il divieto del 2007 resta purtroppo molto praticata in Egitto. Uno studio del 2005 del governo affermava che questa pratica riguarda circa il 95% delle egiziane.

La Sicilia
 
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O t t a
view post Posted on 13/12/2010, 16:38




New York, 13 dicembre 2010

Intervista a Emma Bonino - Mutilazioni genitali femminili: all’Onu la lotta continua

Lo scorso settembre Emma Bonino a New York si era dichiarata ottimista sulle possibilità che all’Assemblea Generale dell’Onu, entro la fine dell’anno, l’Italia e l’Egitto, con un gruppo di altri paesi africani, riuscissero a presentare una risoluzione per bandire le mutilazioni genitali femminili (FGM). Questa settimana la vicepresidente del Senato e leader radicale era nuovamente a New York per cercare di spingere avanti la risoluzione, ma al Palazzo di Vetro persistono delle divisioni tra alcuni paesi africani. I tempi sembrano allungarsi? L’Italia non molla la presa.

La senatrice Bonino l’abbiamo incontrata nella sede newyorkese di “Non c’é pace senza giustizia”, l’organizzazione da lei fondata e che, con “Nessuno Tocchi Caino”, è in prima fila nelle battaglie dei radicali sui diritti umani all’Onu.

Senatrice Bonino, a che punto siamo? Il traguardo sembrava così vicino…
«Io continuo a rimanere determinata, come lo sono tutte le attiviste del gruppo interafricano. E lo sono anche perché la recente visita a New York di Khadi Koita, per pubblicizzare il suo libro appena uscito anche in inglese (“Blood Stains: a Child of Africa Reclaims Her Humanr Rights” UnCUT/Voices Press 2010) ha avuto un grande effetto sulle missioni permanenti qui dell’Onu, che sono rimaste piuttosto colpite dalla biografia di Khadi, una delle nostre attiviste più esposte. Da quanto sono riuscita a capire la risoluzione ci sarà, ma ci sono conflitti interni tra gruppi di paesi e probabilmente non ce la faremo per dicembre, quando inoltre ci sarà un’altra risoluzione a cui teniamo molto, quella sulla pena di morte che andrà in aula il 20 dicembre. Io sono fiduciosa delle consultazioni che sono in corso tra vari paesi africani, guidati dall’Egitto e dal Burkina Faso, con l’assistenza della missione italiana all’Onu che resta sempre coinvolta. Penso che finita la plenaria così densa di lavori, nei mesi di gennaio-febbraio si riuscirà ad avere un consenso per quella sulle FGM, si potrà pensare ad un dibattito ad hoc in Assemblea Generale».

Ma ci sono problemi disostanza, qualche paese si starebbe tirando indietro oppure, come capita spesso per i documenti Onu, si tratta solo di cambiare qualche termine nella risoluzione finale da presentare…
«È chiaro che ci sono posizioni diverse, altrimenti alla risoluzione ci saremmo arrivati anni fa, il problema è spinoso. Da una parte c’è un gruppo di paesi che ormai affronta il problema dal punto di vista di violazione dei diritti umani, oltre alle conseguenze sanitarie terribili che tutti sappiamo. Un altro gruppo di paesi invece insiste a volerlo affrontare solo dal punto di vista sanitario o sociale, con l’obiettivo anche della messa al bando, ma come arrivare alla risoluzione da mettere ai voti ci sono due ‘presentazioni’ diverse che ancora necessiteranno, come sempre nei documenti Onu, di trovare un loro equilibrio. Non c’è differenza nell’obiettivo, ma nel principio. Molti hanno infatti paura di creare dei precedenti. Per esempio c’è stata resistenza ad andare in Assemblea Generale da parte di paesi che non hanno le mutilazioni genitali femminili, come lo Zambia per esempio, ma che sono stati resistenti perché lo vedevano come un precedente, mentre la tendenza, ahimé sempre più evidente, almeno qui all’Onu, è che i diritti umani si discutono a Ginevra, la questione donna si discute nella conferenza sullo stato delle donne, ma l’Assemblea generale rimane per gli ‘alti’ temi di politica…».

Cioè alcuni paesi non vogliono che una risoluzione abbia il peso politico del voto dell’Assemblea Generale. Ma nel non voler creare ‘precedenti’, ci sarebbe anche l’azione dei paesi più importanti, come la Cina?
«È chiaro che dobbiamo anche considerare il poco entusiasmo di alcuni paesi pesanti, che stanno sullo sfondo. Non è che si esprimano direttamente ma è chiaro, l’ho capito, che il clima qui è molto resistente sul dare ai diritti umani la solennità dell’Assemblea Generale».
Eppure il 20 dicembre si torna a votare sulla pena di morte…
«E infatti molti lo vedono come un qualcosa che è sfuggita di mano, molti lo chiamano il blitz italiano. Come blitz è stato piuttosto lungo, sono anni che ci lavoriamo. Ma in alcuni incontri già qualcuno mi ha detto, ‘avete già fatto il blitz sulla pena di morte, ora su questo ci pensiamo un attimo…’ Ma sul tema di fondo delle mutilazioni c’è accordo, ormai ognuno si rende conto che non si tagliano e cuciono le donne, nell’anno 2010 e mai. Però c’è questa varietà di sensibilità non entusiaste…».

Invece la sensibilità dell’opinione pubblica aumenta, in Italia il suo intervento alla trasmissione tv “Vieni via con me” ha dato la possibilità a milioni di italiani di conoscere la tortura delle mutilazioni sessuali femminili…
«Anche nella stampa internazionale. Basta guardare oggi un giornale dell’Uganda, mettono il problema in prima pagina. O ecco un giornale del Kenya, che mette l’elenco dei villaggi dove le bambine saranno mutilate. Vuol dire che il muro del silenzio è caduto. Tutto questo fa valanga…».

Quindi diventerà sempre più difficile rifiutare il fatto che si tratti di una questione di diritti umani. La foto in quel giornale è terrificante, una bambina disperata è tenuta ferma mentre un uomo ha in mano una lametta….
«Certo. Vedendo un’immagine di denuncia del genere nella prima pagina del giornale più diffuso ugandese, non si trova più nessuno che si azzardi a voler sostenere che si tratti solo di una tradizione culturale».

Lei ha iniziato da commissario europeo ai diritti umani questa battaglia ormai dieci anni fa. Si aspettava di arrivare così vicina al traguardo?
«L’obiettivo allora mi pareva molto ambizioso, perché se ne parlava talmente poco, c’era una tale resistenza… Finché abbiamo trovato delle ministre e delle first lady così determinate che si sono veramente esposte nel dire, ‘sì rispettiamo le nostre tradizioni ma questa non è una bellatradizione’ e hanno preso la leadership per abolire queste sofferenze inutili».

E così il 15 novembre è arrivato quell’appello pubblicato sull’International Herald Tribune, con accanto alla sua firma, anche quelle di tante ministre africane, first lady, premi nobel internazionali…
«E le firme continuano ad arrivare da tutto il mondo. C’è ancora del lavoro da fare, però ormai ci siamo».

All’Onu ha appena partecipato anche ai lavori sulla Corte penale di giustizia internazionale, altra battaglia iniziata anni fa dai radicali, in cui avete discusso di “justice rapid response”.
«Nel corso delle attività della Corte penale internazionale, tra alti e bassi, si è verificato quello che non avevamo previsto nella statuto. E’ importante quando le istituzioni riconoscono di aver dimenticato qualcosa e quindi si attivano per colmare questo buco. Come già Non c’è pace senza giustizia aveva fatto notare da tempo, a livello internazionale non c’era un albo di personale internazionale professionalmente preparato e pronto a partire per raccogliere le prove. Quindi Non c’è pace senza giustizia si è resa conto che quando si tratta di raccogliere le provenon c’era gente disponibile a partire in short notice. Quindi siamo riusciti a convincere una serie di stati, alla riunione c’erano circa 50 paesi interessati al progetto. Abbiamo già avuto importanti interventi, in Kenya, ad Haiti e faremo un nuovo training in Qatar, di gente che conosce il diritto internazionale, conosce come raccogliere le prove e soprattutto sa come proteggere i testimoni. Abbiamo adesso un albo di 80 persone qualificate che parlano diverse lingue, e mi sembra che ci sia molto determinazione da parte di tutti i paesi partecipanti».

Ci racconti questo passaggio cruciale del 20 dicembre in Assemblea Generale della risoluzione sulla pena di morte, in cui si cerca di avere ancora più paesi a favore…
«La risoluzione iniziale prevedeva un aggiornamento ogni due anni. Nessuno Tocchi Caino in questo momento è in Ghana e sta andando in Sierra Leone. Il trend di paesi che sono in moratoria de facto e in moratoria legale sta aumentando. Ma è importante anche che aumentino i voti qui all’Assemblea Generale dell’Onu. E quindi una delegazione del Partito radicale transnazionale, con il senatore Marco Perduca e l'On. Elisabetta Zamparutti, viaggia in preparazione della risoluzione del 20. Non ci sono problemi per la maggioranza, anzi si spera che avremo qualche paese in più. Ma dai giri che ho fatto in questi giorni, la pena di morte resta un tema molto sensibile per molti paesi».

Qualcuno proverà a mettere il bastone tra le ruote della risoluzione?

“Ci proveranno, ma anche noi siamo diventati esperti di procedura onusiana”.

* da “America Oggi”

notizie.radicali
 
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O t t a
view post Posted on 7/2/2012, 10:16




6 febbraio 2012 - 18:16

Giornata mondiale contro le mutilazioni genitali femminili
infibulazione


di Giovanna Fraccalvieri


Operazione atroce. La mutilazione genitale femminile è una pratica feroce che vìola la donna nella sua integrità fisica e psicologica. Conosciuta anche come infibulazione, consiste nell’asportazione della clitoride e, nei casi più estremi, anche delle piccole e di parte delle grandi labbra cui segue la cucitura della vulva, lasciando aperto solo un foro per la fuoriuscita dell'urina e del sangue mestruale. Gravissimi i danni provocati da questa operazione atroce: cistiti, ritenzione urinaria, infezioni vaginali e, nel peggiore dei casi, morte della madre e del bambinodurante il parto.

Diffusione. Ancora oggi la mutilazione genitale femminile interessa oltre 140 milioni di donne nel mondo ed è diffusa in circa 40 Paesi, principalmente in alcune zone del sud est asiatico, nella Penisola Araba e in Egitto, dove, nonostante sia proibita, viene effettuata ancora sull'85%-95% delle donne. Diffusissima anche in Sudan, Mali e Corno d’Africa. La Somalia, in modo particolare, è stata definita dall'antropologo de Villeneuve “Il paese delle donne cucite”, qui, infatti, subiscono la mutilazione genitale il 98% delle donne; un’operazione “necessaria”, chi non è infibulata infatti, è considerata impura e, di conseguenza, non può sposarsi e viene emarginata dalla comunità.

Migranti. Non sono indenni da questa pratica, infine, Paesi come l’Italia che la vivono indirettamente attraverso la presenza delle comunità immigrate. Infatti, anche se il nostro codice penale vieta ogni forma di mutilazione genitale femminile con la reclusione da quattro a dodici anni, questa operazione continua ad essere effettuata clandestinamente o quando le bambine vengono portate nei loro Paesi d’origine.

Tradizione tribale. L'infibulazione non è legata alla religione, ma alle tradizioni dell’antico Egitto e di diverse culture tribali. Per questo motivo, anche se non è prescritta dal Corano ed è proibita dal Cristianesimo, che la considera un peccato contro la sacralità del corpo, la mutilazione genitale femminile si è conservata in diverse società islamiche e anche tra i cristiani copti.

Fallocentrismo. Scopo dell’infibulazione è quello di munire la donna di una “cintura di castità naturale”. Le bambine vengono sottoposte alla mutilazione per arrivare caste al matrimonio: una vera e propria dimostrazione di verginità! La donna infibulata perde la possibilità di provare piacere durante un rapporto sessuale che, viceversa, può diventare estremamente doloroso; tutto ciò rappresenta una garanzia di futura fedeltà per il marito che, inoltre, ha il potere di definbulare (scucire la vulva) la propria sposa se incontra difficoltà nella penetrazione.

Italia. Per porre un punto alla pratica crudele dell’infibulazione, è stata istituita la “Giornata mondiale contro le mutilazioni femminili”. In tale ricorrenza, il ministro italiano degli Esteri, Giulio Terzi, ha affermato che «il 2012 puo' essere l'anno in cui la comunita' internazionale condanna con una risoluzione dell'Assemblea generale dell'Onu questa pratica barbara, fortemente lesiva della dignita' e dell' integrita' psico-fisica delle donne». Sempre nel nostro Paese, leader della campagna anti-infibulazione è la radicale Emma Bonino che da anni porta avanti, a fianco dell'organizzazione Non C'è Pace Senza Giustizia, una lotta politica per la cessazione delle mutilazioni genitali femminili. Grazie a questa iniziativa di civiltà, sono state raccolte firme per una sollecitazione di proibizione di questa pratica da presentare all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite.

newnotizie

 
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O t t a
view post Posted on 18/10/2012, 23:26




Mutilazioni genitali: Terzi, giunta a Onu bozza risoluzione
Aidos, Italia condizioni aiuti a tutela diritti umani e donne


18 ottobre 2012 - 18:38

Una proposta di risoluzione dell'Onu contro le mutilazioni genitali femminili - pratica che riguarda ancora anche l'Egitto - stata presentata ieri dal gruppo dei paesi africani. Lo ha annunciato oggi il ministro degli Esteri, Giulio Terzi, nel corso di un convegno al Senato organizzato da Aidos e Amnesty International.

"Ieri sera è stato calendarizzato un progetto di risoluzione contro le mutilazioni genitali femminili" ha detto Terzi. Secondo la presidente di Aidos Daniela Colombo è possibile che la risoluzione venga approvata dall'assemblea entro l'anno. Dietro il progetto c'è stato un lavoro di anni alle Nazioni Unite da parte di molti paesi. "L'Italia all'Onu è coordinatrice dei paesi europei" nei gruppi di lavoro che si occupano della materia, ha precisato Terzi, che ha rivendicato il forte impegno del paese su questo argomento. "Dal 2004 abbiamo portato avanti infinite riunioni su questo tema - ha aggiunto -. Le mutilazioni genitali femminili sono sempre state al centro di incontri bilaterali con paesi africani".

Il ministro ha anche ricordato che il problema "non è lontano dall'Italia. Lo abbiamo qui", attraverso le donne immigrate dai paesi africani. L'Italia ha una legge in materia, la 7/2006, considerata una delle più avanzate al mondo, e ha finanziato numerose campagne di informazioni nei paesi interessati. Per Terzi "numerosi paesi africani sono impegnati singolarmente nel combattere questa piaga. Ma per passare da un'azione nazionale a un impegno globale (attraverso la risoluzione Onu), il salto è stato considerevole".

Daniela Colombo ha riconosciuto il lavoro svolto dai governi italiani in questi anni, ma ha messo in luce come la legge contro l'infibulazione del 2006, che aveva stanziato 5 milioni di euro per la prevenzione, non sia stata rifinanziata. Colombo ha inoltre chiesto che "il governo ponga condizioni sui diritti umani, in particolare delle donne, ai paesi che ricevono aiuti".

Il Partito radicale e l'associazione "Non c'é pace senza giustizia" hanno definito il deposito della risoluzione all'Onu "un passo avanti senza precedenti". "E' il primo tassello - dicono in una nota - di un faticoso negoziato che ci auguriamo non subirà battute d'arresto e procederà spedito verso l'approvazione in sede di Assemblea Generale a dicembre".

Il merito di questo risultato, aggiungono, va riconosciuto "anzitutto alle militanti anti-mutilazioni arabe e africane, che nel corso di oltre un ventennio non hanno mai gettato la spugna, continuando a lottare con coraggio e determinazione per garantire alle prossime generazioni un futuro in cui le mutilazioni genitali femminili siano solo un triste ricordo".

ANSAmed
 
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O t t a
view post Posted on 6/2/2013, 22:38




Mutilazioni genitali:Egitto ne teme ritorno, Corte rassicura
Ex ministra Khattab, donne lasciate indietro dopo la rivoluzione


06 febbraio 2013 - 13:53

di Luciana Borsatti

Una sentenza ''storica''' alla luce ''della presente situazione in Egitto'', e che permettera' a chi si batte contro le mutilazioni genitali femminili (Mgf) di tornare a riaffermare con forza le ragioni di tale battaglia.

Cosi' l'ex ministra egiziana Moushira Khattab, a Roma per la Conferenza sulle Mgf chiusasi ieri alla Farnesina, commenta la sentenza della Corte Suprema che nei giorni scorsi ha respinto il ricorso di legali islamisti contro le norme che le vietano.

Un divieto per la prima volta sancito in epoca nasseriana, poi sostenuto da organizzazioni della societa' civile e nel primo decennio del 2000 al centro di una capillare campagna culturale condotta, soprattutto nelle zone rurali, dal Consiglio nazionale per l'infanzia e la maternita' guidato dal 2001 dalla stessa Khattab. Si trattava di una campagna di sensibilizzazione''dal basso'', ricorda l'ex ministra, che coinvolgeva le comunita' locali, le autorita' religiose e i media, puntando a sradicare una tradizione millenaria che riguardava sia i cristiani che i musulmani, e rinforzata nel caso di questi ultimi dall'errata convinzione che fosse imposta dall'Islam. Anche grazie al pronunciamento di alte autorita' religiose come il gran Mufti Mohammad al-Tantawi, a loro volta contrapposte al giudizio di altri accreditati studiosi islamici, la campagna puntava a diffondere la coscienza che le mutilazioni genitali non erano una prescrizione divina, ma un attentato all'integrita' fisica ed ai diritti della persona, oltre che un rischio per la salute. E se nel 2000, precisa Mushira Khattab parlando con ANSAmed, il 97% delle donne in eta' fertile le aveva subite, le quote si sono ora notevolmente ridotte tra bambine non solo nelle citta', ma anche che nelle campagne. ''L'ultimo traguardo'' di quelle campagna, sottolinea l'ex ministra, fu la criminalizzazione delle Mgf sancita dall'art 242 del Codice penale: una legge del 2008, che faceva seguito ad un precedente divieto del ministero della Salute, e che punisce i trasgressori con pene pecuniarie e detentive fino ai due anni. E proprio a quell'epoca risale il ricorso bocciato dalla Corte, che ha confermato, ribadisce, che le Mgf sono "un crimine". Ma in questi due anni in Egitto vi e' stato ''un arretramento'' rispetto ai risultati raggiunti prima della rivoluzione. Una rivoluzione in cui un ruolo ''eroico'' e ''cruciale'' e' stato giocato proprio dalle donne, sottolinea Moushira Khattab, ora attiva nel Woodrow Wilson Center for Scholars di Washington e nell'Egyptian Council on Foreign Affairs, nonche' visiting professor all'universita' di Perugia.

Donne che tuttavia ''sono state lasciate indietro'', ed alle quali ''e' stato negato il diritto di partecipare nel dar forma all'Egitto post-rivoluzionario'': ''marginalizzate'' nel comitato che ha redatto la Costituzione, e rappresentate ''con meno del 2%'' nel Parlamento eletto (ora dissolto, ndr).

L'Egitto post-rivoluzionario, prosegue, e' un luogo sempre piu' difficile per i diritti delle donne. E questo per ''tradizioni patriarcali profondamente radicate, associate a regimi autoritari del passato'', mentre ''sistemi di valori conservatori sono affiorati in superficie'' e ''un discorso religioso conservatore guadagnava furtivamente terreno''.

Ma il rischio maggiore, osserva, deriva ''dalle stesse donne che parlano contro i diritti delle donne'', dall'interno di partiti islamisti e nello stesso Parlamento, ''sostenendo le Mgf e il matrimonio per le bambine'', mentre i media sono invasi da ''figure di spicco dell'Islam politico che spingono le donne verso un ruolo medievale''. Inoltre, nella campagna per le presidenziali, vi furono tentativi di ''comprare'' il voto da parte di ''alcuni candidati'', con interventi di Mgf ''gratis''.

Quanto agli effetti che potra' avere la nuova Costituzione sulla questione, tutto dipende da chi fara' le leggi sulla base dei suoi principi generali, risponde Moushira Khattab. Molte norme costituzionali ''possono risospingere le donne verso i sedili posteriori'', quali gli articoli 2, 4, 219, 10 e 11.

''Insieme questi articoli possono stabilire uno stato teocratico e fissare una strategia che sottomette la legislazione a leader religiosi e da' al giudice la possibilita' di redigere sentenza in base a vaghe norme costituzionali quali il mantenimento dei valori morali della societa'''. Una preoccupazione condivisa anche da Margot Badran, della Georgetown University, che in un recente articolo per il quotidiano Al Ahram si interroga sul futuro delle Mgf in Egitto, dopo la risoluzione Onu che le bandiva il 20 dicembre scorso e il voto referendario che approvava la nuova Costituzione di due giorni dopo. Secondo l'art.4 della Costituzione - sottolinea la studiosa - Al Azhar deve essere consultata sulla compatibilita' delle leggi con la Sharia. Ma cosa accadra', si chiede, se le autorita' religiose confermano che le Mgf non sono islamiche, ma un parlamento dominato dagli islamisti votano per legalizzarle? Se la sharia e' aperta a diverse interpretazioni, vi ''si fara' liberamente ricorso per cercare ispirazione o una guida morale, o sara' invece ridotta a imposizione politica?''.

ANSAmed
 
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O t t a
view post Posted on 13/6/2013, 09:00




13 giugno 2013

Egitto, morire a 13 anni per la mutilazione dei genitali femminili


di Riccardo Noury

Soheir Mohamed, 13 anni, morta una settimana fa. Il medico che l’ha “operata”, Aslan Hammouda, appena rimesso in libertà in attesa del processo. Lui si difende, sostenendo di aver agito senza negligenza su richiesta della famiglia della ragazzina: “L’intervento è andato bene e la bambina non ha perso sangue”, dice convinto. Però ha offerto 20.000 lire egiziane ai genitori perché non sporgessero denuncia.

La madre di Soheir, Hasanat Fawzy, ha rifiutato i soldi ed è andata alla polizia, accusando il dottor Hammouda di aver ignorato le preoccupazioni di sua figlia che gli aveva chiesto se l’influenza che aveva contratto avrebbe potuto causare complicazioni. “Ha risposto di no e le ha detto di presentarsi il giorno dopo, a digiuno”.

In Egitto si muore ancora di mutilazioni dei genitali femminili. I dati ufficiali sono agghiaccianti: oltre il 90 per cento delle donne di età compresa tra 15 e 49 anni le ha subite. Tre minorenni su quattro, una percentuale che le autorità egiziane auspicano scenda sotto il 50 per cento nei prossimi 10 anni.

La legge le vieta, dal 2008. Così, una famiglia del Delta del Nilo si rivolge a una clinica privata, dove c’è la coda per eseguire questi interventi. Il dottor Hammada è uno specialista nel ramo: ha già operato la sorella maggiore di Soheir e, a detta degli abitanti del villaggio, è uno bravo: ha un rimedio per tutti e costa poco. “Ho la febbre, ci saranno problemi?” “Ma, no figurati…” “Manca l’anestesista? Ci penso io…”

Racconta Mohamed Ibrahim, padre di Soheir: “Siamo rimasti un’ora fuori nel corridoio, aspettando che nostra figlia si risvegliasse. Le altre tre che erano con lei sono uscite, mia figlia no. A un certo punto è arrivata un’ambulanza e l’ha portata via. Il dottore ci ha detto che era debole e che la clinica non aveva le attrezzature necessarie per seguirla. All’ospedale di Aga ci hanno detto che era morta”, a quanto pare per un improvviso calo della pressione sanguigna.

Gli organismi delle Nazioni Unite hanno protestato. Il governatore di Daqahliya ha ordinato la chiusura della clinica privata al cui interno il dottor Hammouda ha eseguito l’operazione. Il sottosegretario alla Sanità, Abdel Wahab Suleiman, si è dichiarato all’oscuro dell’accaduto, precisando che le mutilazioni dei genitali femminili sono strettamente proibite e che il dottor Hammada ha violato la legge.

Intanto, Soheir non c’è più. Basterà il suo sacrificio a evitare che si formino ancora le code davanti ai centri dove, clandestinamente, si pratica questa barbarie?

Corriere della Sera
 
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O t t a
view post Posted on 23/7/2013, 19:06




Il rapporto dell’Unicef sulla mutilazione genitale

23 luglo 2013 - 16.49

iegitto7
Donne al mercato al Cairo, in Egitto. (Shawn Baldwin, Bloomberg/Getty Images)



Più di 125 milioni di donne nel mondo hanno subito la mutilazione dei genitali. Una su cinque vive in Egitto. E più di trenta milioni di donne rischiano di subire mutilazioni genitali nel prossimo decennio.

Lo sostiene un rapporto diffuso dall’Unicef, intitolato Female genital mutilation/cutting: a statistical overview and exploration of the dynamics of change.

Queste pratiche, rivela il fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia, sono consolidate in alcuni paesi dell’Africa, del Medio Oriente e dell’Asia, dove si pensa che aiutino a preservare la verginità delle donne.

Il rapporto è frutto di studi condotti negli ultimi vent’anni in 29 paesi tra l’Africa e il Medio Oriente. Secondo l’Unicef, rispetto a 30 anni fa le bambine hanno meno probabilità di essere sottoposte a mutilazioni e la pratica è in declino, anche nei paesi dove è ancora molto diffusa come Egitto e Sudan.

Tutti i dati raccolti dall’Unicef sono stati raccolti in questa infografica.

Internazionale
 
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O t t a
view post Posted on 26/4/2014, 15:32




25 aprile 2014


Contro le mutilazioni genitali femminili, dall'Egitto al Kenya

Per la prima volta da quando l’Egitto, nel 2008, ha bandito la pratica della mutilazione genitale femminile, un medico viene processato per la morte di un’adolescente sottoposta alla procedura.


Secondo quanto riferito dall’ONG Equality Now, il 6 giugno 2013 Soheir al-Batea, una tredicenne del villaggio di Diyarb Buqtaris, è deceduta a seguito di una reazione allergica dopo essere stata circoncisa dal dottor Raslan Fadl.

Le femministe egiziane vedono in questo processo un segno positivo per un Paese in cui quattro donne su cinque si sottopongono ancora alla circoncisione, nonostante il divieto del governo. Altri invece temono invece che il caso costringerà le donne a continuare la pratica tra le mura domestiche, aprendo così una nuova serie di problematiche di carattere sanitario; secondo i dati dell’UNICEF, il 70% delle mutilazioni genitali viene compiuto di nascosto in cliniche e ambulatori.

Fadl comparirà in tribunale nonostante nel rapporto forense non vi sia alcun riferimento alla circoncisione, dato che il padre della ragazza ha poi ritrattato, confermando le dichiarazioni dell’imputato, secondo il quale la tredicenne lamentava invece delle verruche genitali.

“Il primo processo per mutilazioni genitali femminili in Egitto manda un messaggio forte, ovvero che tale pratica non verrà più tollerata”, spiega Suad Abu Dayyeh di Equality Now.

Secondo la sociologa Sara Salem, nelle famiglie più povere si crede ancora che una ragazza debba essere circoncisa per trovare marito. “Molti continueranno a farlo a casa invece che in ospedale” aggiunge con preoccupazione Salem.

La Stampa
 
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view post Posted on 4/9/2021, 14:15
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Malatissimo d'Egitto

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Piacenza. Padre porta le figlie in vacanza in Africa e le fa infibulare: la denuncia della madre.

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